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Idrogeomorfologia

Aspetti idrogeomorfologici

Il territorio del lodigiano è costituito quasi interamente da sedimenti sciolti di ambiente fluvioglaciale e fluviale che tra il Pleistocene medio e l’inizio dell’Olocene hanno colmato una vasta depressione precedentemente occupata dal mare.

Lo spessore globale della copertura alluvionale varia in funzione della morfologia del substrato, raggiungendo il valore di alcune centinaia di metri, come ad esempio a Salerano al Lambro.

I vari Autori concordano nell’affermare che la potente coltre alluvionale padana è stata formata essenzialmente attraverso tre grandi fasi di alluvionamento, verificatesi sotto il condizionamento climatico delle espansioni, e susseguenti ritiri, dei ghiacciai alpini nel Pleistocene.

Il territorio è stato suddiviso inizialmente in tre aree principali: 1) il livello fondamentale della pianura; 2) le “basse” dei fiumi Adda e Lambro; 3) la zona collinare di San Colombano.

Il livello fondamentale della pianura si estende su oltre la metà del territorio lodigiano (54%) ed è composto dai sedimenti fluvioglaciali riferibili all’ultimo periodo glaciale.

La successiva suddivisione è stata operata in base alle caratteristiche litologiche dei depositi, soprattutto in base a quelle relative alla loro granulometria.

La carta mostra come le ghiaie prevalgono nettamente in tutta la parte settentrionale, mentre sedimenti limoso-argillosi dominano in destra del Lambro; una maggiore variabilità granulometrica caratterizza invece i sedimenti della zona centro meridionale.

E’ così possibile individuare nel pedopaesaggio del livello fondamentale della pianura[1] tre principali ambienti che si susseguono da nord verso sud: alta pianura ghiaiosa (assente nel territorio lodigiano), media pianura idromorfa e bassa pianura sabbiosa.

La bassa pianura sabbiosa caratterizza da sola oltre la metà del territorio lodigiano (circa il 53%); il suo limite settentrionale, situato per lo più a nord della provincia, coincide con la zona in cui le acque di risorgiva si organizzano in un reticolo fluviale a meandri, il quale diviene sempre più inciso nei terreni circostanti man mano che ci si avvicina alla piana di divagazione del Po, suo limite meridionale.

L’estensione della bassa pianura è interrotta longitudinalmente dalla valle del Lambro e da quella del cavo Sillaro, quest’ultima abbondantemente sovradimensionata rispetto alle attuali portate del corso d’acqua a testimonianza di una sua maggiore attività ed importanza nel passato e, per finire, dalla valle dell’Adda, limite orientale della provincia.

I sedimenti che costituiscono la bassa pianura sono generalmente sabbioso-limosi; i suoli sono fertili, generalmente ben drenati; generalmente essi hanno tessitura da moderatamente grossolana a moderatamente fine, con falda raramente riscontrata entro il primo metro di profondità.

Solo una piccola parte a nord del canale Muzza è assegnabile alla media pianura idromorfa, sotto l’influenza delle risorgive.

L’attuale carattere pianeggiante è senz’altro il risultato dell’applicazione di intense tecniche di livellamento su una morfologia in origine leggermente più ondulata.

Indicativa di queste attività sono le parcelle agricole spesso separate da lievi gradini.

In provincia di Lodi è poi presente il pedopaesaggio delle valli fluviali dei corsi d’acqua olocenici[2]: la valle del Lambro e quella dell’Adda e, tra questi, di minor importanza e risalto, il solco vallivo del cavo Sillaro che incide la pianura con un percorso accentuatamente meandriforme.

L’ultimo e più imponente sistema vallivo è quello del Po, che ha un percorso approssimativamente trasversale rispetto alle valli precedenti e nel cui corso esse convergono.

Nel paesaggio delle valli fluviali sono individuati due differenti ambienti: le superfici terrazzate e le piane alluvionali inondabili.

Le superfici terrazzate, sospese sui corsi d’acqua attuali, comprendono i terrazzi alluvionali dell’Olocene antico, situate a quote maggiori rispetto al corso d’acqua, dal quale sono separati mediante scarpate erosive e non più inondabili.

Essi corrispondono a precedenti alvei fluviali, abbandonati in seguito a una fase erosiva che ne ha provocato l’approfondimento, e la loro genesi è riconducibile all’alternanza di fasi di deposizione e di erosione, innescate dalle variazioni di portata dei corsi d’acqua e dalle ripetute variazioni del livello medio del mare.

Poiché durante l’Olocene la dinamica fluviale è stata prevalentemente erosiva, i corsi d’acqua hanno modellato la piana fluvioglaciale e fluviale precedente, incidendovi vari ordini di superfici, di età proporzionale alla quota del corso d’acqua, ciascuno dei quali testimonia una precisa fase di stazionamento e di successiva incisione fluviale.

In provincia di Lodi i terrazzi fluviali hanno una diffusione pari al 10% del territorio e fiancheggiano i corsi d’acqua precedentemente nominati.

I terrazzi più estesi, anche se discontinui, appartengono all’Adda, meno estesi ma continui quelli del Lambro e del Sillaro, sporadici i terrazzi del Po (un solo terrazzo lungo il tratto fluviale di pertinenza lodigiana).

Nella fascia centrale del lodigiano è evidente la presenza di un largo e lungo paleoalveo meandriforme, il cavo Sillaro.

La differenza di quota rispetto al livello fondamentale è di circa 1,5 – 2 m.

All’altezza dell’abitato di Borghetto Lodigiano, il paleoalveo perde il suo carattere sovradimensionato e confluisce nel Lambro.

Questo paleoalveo rappresenta indubbiamente il relitto di un grande fiume che attraversava il livello fondamentale prima della fase d’incisione olocenica.

Generalmente, il cavo Sillaro viene considerato il relitto di un ramo del paleo-Adda, ma recenti studi morfometrici suggeriscono piuttosto la sua assegnazione al paleo-Lambro.

Non è chiaro in quale epoca il cavo Sillaro si sia “fossilizzato”.

La segnalazione di un porto fluviale di Lodi Vecchio in epoca romana potrebbe favorire l’ipotesi di un suo abbandono in un momento posteriore.

Nel Lodigiano, come nel resto della Pianura Padana, la diffusione di litotipi ad elevata permeabilità, la costituzione pianeggiante del terreno e l’abbondante alimentazione idrica, determinano la presenza di una considerevole circolazione idrica sotterranea.

Questa ha luogo all’interno di una potente coltre alluvionale le cui caratteristiche litologiche ed il cui assetto strutturale favoriscono la formazione di un acquifero multistrato, costituito cioè da più falde acquifere sovrapposte interdipendenti tra loro.

Dal punto di vista idrogeologico possiamo descrivere la presenza di acqua nella provincia di Lodi secondo due tipologie: l’acqua nel suolo e l’acqua di falda.

La presenza di acqua nel suolo o, comunque entro 2 – 3 m di profondità dalla superficie topografica può essere dovuta alla presenza di orizzonti poco permeabili, oppure all’influenza di una vera falda freatica a profondità ridotta.

Nel primo caso si formano orizzonti di suolo sovente saturi d’acqua, per ristagno interno, ed eventualmente piccole falde sospese.

Ciò accade nei terreni che hanno orizzonti argilloso-limosi, compatti, o in suoli con granulometria medio-fine soggetti a forte interferenza idrica (vicinanza di canali irrigui, fontanili, aree morfologicamente depresse, ecc.).

Una falda idrica a profondità ridotta è invece riscontrabile in alcuni tratti di fondovalle (Lambro, Adda, Po).

In questi casi, per fattori interni o esterni al suolo, il drenaggio è molto rallentato, con sensibili influenze sui caratteri pedologici.

Per quanto riguarda l’acquifero, viene alimentato da un consistente flusso sotterraneo proveniente dai settori centro-settentrionali del territorio lombardo e maggiormente concentrato lungo i canali più permeabili, corrispondenti ad alvei fluviali attuali o abbandonati o a paleoalvei sepolti.

Il lodigiano si trova immediatamente al di sotto della fascia dei fontanili, dove la falda freatica è molto prossima alla superficie e soggiace, rispetto al piano di campagna, a profondità che variano in corrispondenza delle irregolarità del profilo topografico.

La profondità della falda al di sotto del LFdP si mantiene mediamente intorno ai 7 – 8 m; risulta massima (12 – 14 m) in prossimità della scarpata e decresce rapidamente nei terrazzi più bassi fino anche ad annullarsi in vicinanza degli alvei fluviali.

Ai piedi delle scarpate di terrazzo esistono talvolta delle sorgenti per affioramento della superficie piezometrica.

Da ricordare, inoltre, che la ricorrenza stagionale delle pratiche irrigue produce sensibili oscillazioni della falda freatica, il cui effetto è riconoscibile nelle frequenti situazioni di saturazione profonda dei suoli e di risalita dal basso dei fenomeni connessi, soprattutto nella parte centrale e meridionale della provincia.

Dal punto di vista ideologico-idrulico, il colatore Sillaro è un corso d’acqua artificiale facente parte del sistema irriguo idraulico del comprensorio del Consorzio Bonifica Muzza Bassa Lodigiana.

 

 

[1] da “Suoli e paesaggi della provincia di Lodi”, pag. 21- 23


[2] da “Suoli e paesaggi della provincia di Lodi”, pag. 24- 26

 

 

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